Tutto è pronto. Fotocamera ricaricata e lenti pulite. Zaino pieno di roba super invernale che non ho mai indossato prima, perchè lí nevica di brutto e qui a Barcellona il tempo è sembre abbastanza decente. Kindle pieno con le informazioni di dove, come e cuando fare le cose in posti sconosciuti con gente che parla lingue incomprensibili ed impossibili da tradurre. Vari accessori caricati ed un paio di libri elettronici pronti da leggere. Visto una montagna di video di come comportarsi, di come seguire la propria etiquette giapponese ai ristoranti, come utilizzare i gabinetti ultramoderni che ti puliscono tutto, come lavarsi nei bagni pubblici e privati, ed anche come aprire luccheti con chiavi speciali per accedere ai vari appartamenti affitati (perchè non incontrari nessuno a darti le chiavi di casa in mano in Giappone). La playlist di musiche da viaggio è stata fatta di fretta con canzoni terribilmente diverse, alcune giapponesi ed alcune semplicemente nuove e ribelli. Come al solito tutto è pronto anche se quasi all’ultimo minuto, piú o meno tra le 12 e 15 ore di viaggio davanti a me domani mattina dopo 6 ore potenziali di sonno da poter utilizzare.
Potenziali, perchè l’eccitamento, le paure e la voglia di non tornare sapendo di dover tornare, sono cose difficili da mettere giú su un cuscino e lasciarle lí a perdersi nell’oblio dei sogni che non ricordi.
Quindi scrivo prima che mi dimentichi, ed un’altro giorno passi uguale a quello di prima perchè dimenticato e senza traccia (se non quella elettronica su un calendario gmail di eventi alquanto anonimo).
Domani vado dove il signor Tiziano Terzani è giá stato. Dove questo non è mai stato? La luna direi. Lui con la fascinazione dell’oriente, ed io anche, ma con il vantaggio di internet e con lo svantaggio di non aver ancora il coraggio di uscire permanentemente dal continente europeo. Eppure è lí che si agita dentro di me, la voglia di andare e tirarmi in luoghi inaspettati, piena di gente diversa con pensieri diversi vivendo paure e speranze diverse.
Il Giappone. Cresciuto ed educato moralmente con i cartoni giapponesi, con le storie di manga ed avventure di videogiochi di eroi sconosciuti se non a pochi nerd come me, mi rendo conto che ne sono terribilmente attratto ed influenzato da quest’isola che tratta le persone come automi robotici senza personalitá, dove la comunitá viene prima dell’individualitá e dove la dicotomia di moderno e tradizione vive in parallelo. Un paese di giungle fatte di cemento terribilmente sovrappopolate e pieni di posti con natura incontaminata dove il cambio delle stagioni sono momenti di celebrazione e gioia.
Non credo che riusciró a dormire. Quando sono andato in Tailandia ridevo istericamente di piacere con me stesso, letteralmente come un matto. Nessuno se ne era accorto sull’aereo, e tutto questo era perchè ero terribilmente adrenalinico dall’idea di me, dall’altra parte de mondo, con un mondo a mia disposizione da navigare, manipolare e da interactuare. L’ignoto piú che spaventare mi affascina, come le vertigini di un burrone che ti paralizzano per il terrore ma che allo stesso tempo ti fanno sentire vivo. Non ne vedo il lato oscuro, ma solo il lato del possibile con pensieri come “tutto quello che potrei fare” e “tutti gli angoli di strade sconosciute da girare e da scoprire” ed ancora “tutti i sapori ed odori che non ho ancora assaggiato”. Ed il Giappone per me è molto piú radicato in me che non la Tailandia. Sono giorni e giorni che nella mia testa mi sto esaltando ed una voce dentro di me che mi dice senza interrompersi “non voglio tornare”, “non voglio tornare”, “non voglio tornare”. È una ossessione di piacere nella mia testa. Una ossessione, di sua natura, per nulla positiva, ma è lí che si agita e muove dentro di me, nello stomaco, nei miei pensieri, nel farmi sentire ancora voglia di qualcosa dalla vita.
Ecco credo di essere innamorato dell’idea. Stesso tipo di ossessione dell’amore, non puoi smetterne di pensare, non puoi smetterne di volerlo, dove tutto quello che vedi e senti ti ricorda di quella persona che non vorresti pensare. Non oso immaginare il dolore che proveró ad andarmene da lí. Eppure só logicamente di tutte le difficoltá che il Giappone rappresenta, dalla incredibile chiusura verso gli stranieri che i giapponesi hanno, alle ore folli di lavoro che fanno per vivere in posti piccolissimi vivendo sempre in transito e nascondendo le proprie emozioni fino addiriturra suicidarsi perchè incapaci di esprimersi anche alle persone vicine, perchè il Giappone è un mondo che solo i giapponesi possono capire. Eppure la logica non ha assolutamente potere quando hai una emozione cosí forte dentro di te.
Perchè io lo voglio, fortissimamente volli. E non ho assolutamente idea ancora di come ottenerlo. Credo che improvviseró.
Inoltre immagino che dovró darmi a qualcosa che normalmente odio ed evito come la peste, la meditazione. Io non posso stare fermo, con la mia mente, nonostante sia capace di stare incredibilmente fermo con il mio corpo per settimane. Immagino che anche non usare il proprio corpo per sfogare certe emozioni non aiuti. Comunque sia, vedró di meditare quei 10 minuti necessari per trovare l’equilibrio interiore per mantenermi meno ossessionato di quello che dovrei. Cercheró dei parchi in Giappone o dei posti dove chiudere gli occhi e sentire lo scorrere del tempo, ed io immobile nel centro di quel flusso. Quello stare fermo è come un movimento controcorrente in un mondo dove andare sempre avanti vero obiettivi senza fine, sará la mia pace di vivere e stabilizzarmi nell’adesso.
Musiche come quella di Ryuichi Sakamoto, mi aiuteranno a rilassarmi e toccarmi il cuore. Alle volte bisogna dover soffrire per imparare a lasciare andare le cose, ed il piano “Merry Christmas Mr. Lawrence” è perfetta per questo scopo. Specialmente perchè sono sempre stato nel mio interiore un tipo alquanto malinconico quando solo con me stesso. E mi rendo conto solo adesso che è anche per questo adoro Debussy, malinconico ed armonioso, tranquillo e controllatamente tumultuoso, terribilmente dolce ed amaro come una rottura di speranze.
Il giappone. Sará uno schock. Sará un “Lost in translation” totale. Sará una mancanza incredibile di olio d’oliva e formaggi, di sentirsi incapace di leggere un testo ed esprimersi comprensibilmente, di sentirsi sempre piú isolato nonostante nel centro di una folla. Sará un elettroshock riuscire a fare amicizie di minuti con altre persone che cercano anche loro un contatto. Sará un terremoto orientarsi in un posto dove non comprendi le regole. Sará perció tutto eccitante e nuovo. Credo di essere un junkie (dipendente) dell’inaspettato, “voglio ogni giorno mezzo etto di inaspettato grazie buon’uomo”. E non voglio farne a meno, voglio quel mezzo etto direttamente dalla fonte della miglior qualitá possibile.
Non andró nei posti super turistici, odio le folle e le file è tempo perso che non si recupera. Alcune cose ovvie le faró, peró quello che voglio di piú è perdermi per i vicoli ed incontrare per via di esperienze gli angoli da fare miei. Angoli che per me saranno speciali perchè avró percorso centinaia di metri in direzioni sconosciute prima di scoprirli. L’arrivare non è l’obiettivo, è il perennemente andare a trovare che ci rende felici. O forse mi sbaglio perchè alla fine saremmo una roccia che rotola che non si ferma piú. Ho voglia di incontrare gente e farne parte della loro vita per quei pochi minuti e chiedere “e tu come stai? dove vai?” e spendere poi ore a pensare se quella vita mi calzerebbe.
Viaggiare, volare ed atterrare ma giusto per il momento di riprendere le forze per buttarsi di nuovo tra le nuvole. Credo que in questi ultimi anni sono stato troppo con i piedi a terra, e con la testa tra le gambe. Si predica e pensa sempre meglio di quello che si fá. Per questo meditare credo che aiuti, non credo che esisti una app. che ti obbliga a stare a faccia a faccia per dialogare con se stesso.
Uno dei miei desideri è scrivere piú spesso. E perció scriveró e voleró con la mia mente piú spesso per me stesso, nonostante la mia grammatica ed il mio italiano sia sempre pessimo. Non ho tempo ne pazienza di rileggermi e corregermi quando il flusso delle emozioni e delle idee sono sulla punta delle mie dita.
Quindi andiamo suvvia a viaggiare. Buona notte per alcuni e buon giorno per altri. E come diceva Tolkien prima che Bilbo esca dalla porta di quella casa verso luoghi sulla strada ignota di un’avventura senza tempo:
“Roads go ever ever on,
Over rock and under tree,
By caves where never sun has shone,
By streams that never find the sea;
Over snow by winter sown,
And through the merry flowers of June,
Over grass and over stone,
And under mountains in the moon.Roads go ever ever on,
Under cloud and under star.
Yet feet that wandering have gone
Turn at last to home afar.
Eyes that fire and sword have seen,
And horror in the halls of stone
Look at last on meadows green,
And trees and hills they long have known.The Road goes ever on and on
Down from the door where it began.
Now far ahead the Road has gone,
And I must follow, if I can,
Pursuing it with eager feet,
Until it joins some larger way,
Where many paths and errands meet.The Road goes ever on and on
Down from the door where it began.
Now far ahead the Road has gone,
And I must follow, if I can,
Pursuing it with weary feet,
Until it joins some larger way,
Where many paths and errands meet.
And whither then? I cannot say.The Road goes ever on and on
Out from the door where it began.
Now far ahead the Road has gone.
Let others follow, if they can!
Let them a journey new begin.
But I at last with weary feet
Will turn towards the lighted inn,
My evening-rest and sleep to meet.”